• Piazza degli Eroi, Pellare
    Moio della Civitella (SA)
  • Aperti
    su prenotazione

Il Museo

Storia del Museo

Storia del Museo

Sulle pendici della collina Civitella, c’è un luogo che conserva le vestigia di un glorioso passato raccontando del lavoro di operosi abitanti e della suggestiva bellezza di un antichissimo  sito archeologico collegato all’insediamento di Velia. Qui, nel verde Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, si estende il comune di Moio della Civitella. Incanto e fascino per un abitato delimitato da un fitto castagneto. Uno scrigno delle meraviglie che custodisce utensili ed attrezzi agresti, memorie e testimonianze di una civiltà contadina, ormai quasi scomparsa.

Il Museo della Civiltà Contadina, realizzato con il Patrocinio dell’Amministrazione Comunale di Moio della Civitella, è una coraggiosa ed interessante iniziativa culturale.

La nuova sede del museo è l’antica Casa Torrusio, nobile palazzo che affaccia su Piazza degli Eroi, cuore del centro storico della frazione Pellare. I visitatori potranno ammirare circa 800 reperti, quasi tutti raccolti dal compianto Professore Giuseppe Stifano. Il professore Stifano, nato e vissuto a Moio della Civitella, innamorato del suo paese e del suo Cilento, profuse decenni a ricercare materiale della vita e della memoria contadina, che mise prima insieme come mostra didattica nella locale Scuola Elementare, poi trasferita nel vecchio convento francescano, dove fondò il Museo della Civiltà Contadina. Nel settembre del 2017, l’amministrazione comunale, trasferendo il museo nella nuova sede di Casa Torrusio, ha dato forma ad un sogno del professore Stifano. L’antico fabbricato, infatti, con grande naturalezza, accoglie attrezzi, utensili e altre memorie del nostro passato, che costituiscono un vero e proprio patrimonio etnoantropologico.

BIOGRAFIA DEL FONDATORE

STIFANO GIUSEPPE

“Il cantore della storia contadina”

Giuseppe Stifano è nato a Moio della Civitella il 2 Gennaio 1928 da Angelo e Giuseppina Ruggiero. Consegue il diploma magistrale nel 1949 all’ Istituto “Regina Margherita” di Salerno con non pochi sacrifici. Per mancanza di mezzi finanziari segue gli studi da privatista presso professionisti locali e come tanti altri cittadini, nel drammatico periodo dell’ultima guerra, abbandona gli studi e li riprende dopo la fine del conflitto con più lena realizzando il suo progetto.  Appena diplomato ottiene l’incarico di insegnante nei Corsi Popolari del suo comune e la sua esperienza di insegnante si trasmette giorno per giorno in chi da lui viene ad avere le prime nozioni educative.

Ma vuole andare oltre e nel 1959 raggiunge la sede di titolarità di Rovellasca prima e Cantù poi dopo essersi specializzato come Assistente sociale ed aver frequentato corsi di aggiornamento nelle discipline dell’attività pedagogica.  A Cantù ci resta qualche anno ma lascia quella sede perché molto attaccato alla sua terra ritorna al paese natìo. Ricopre con lodevole zelo, fin dal 1962 la carica di Presidente del Patronato scolastico, che ha attivato e reso efficiente. É dirigente del Centro Sociale di Educazione Permanente di Pellare, frazione di Moio, su nomina del Provveditore agli studi dal 1963 al 1974 e collabora con varie riviste letterarie e giornali, pubblicando interessanti articoli. É fondatore del giornalino locale La Voce di Pellare. Giuseppe Stifano è una mente che non riposa! Curioso ed appassionato di storia e di archeologia, fin da subito ricerca e si dedica allo studio del suo Cilento e del suo paese dando alle stampe qualche opuscolo come Quaderni Monografici: La Civitella (Tip. L. Spera, 1963); Fra le sue pubblicazioni spicca: Vita e morte di S. Bartolomeo Apostolo: dramma sacro in tre atti (Tip. M. Pepe, 1966) Storia e Folklore Cilentano n. 2 bis (Tip. M. Pepe, 1970); Pellare e l’Ordine Frati Minori Osservanti di S. Francesco (Tip. L. Spera, 1971); La Chiesa di S. Bartolomeo Apostolo in Pellare (Tip. M. Pepe 1971); Canti Popolari Cilentani (Testaferrata Editore, 1973) Storia e Folklore Cilentano n. 3 bis (Tip. M. Pepe, 1974). Tracce di Barocco nel Cilento. La Chiesa di San Francesco a Pellare (Tip. Grafica Salernitana, 1974) É un grande cultore del folklore e della poesia cilentana) L’idioma del cuore: Poesie (Tip. M. Pepe, 1973). Attaccato alla sua terra, non manca di dare ad essa un contributo valido per farla conoscere sempre più.  Cultore delle tradizioni popolari, nel suo paese istituisce la Pro-Loco e ne diventa Presidente. Promuove un gruppo folcloristico e varie iniziative culturali. Con molto impegno si dedica alle ricerche sulla storia e le tradizioni cilentane che si concretizzano con la stampa di un libro dal titolo Canti politici e sociali del Cilento più volte ristampato data la continua richiesta, (nel 1975, 1978 e 1996) Nel biennio 75/76 lancia con il caro amico Gennaro Greco il – Carnevale del Cilento – ad Ascea Marina che registra la partecipazione di circa trenta paesi tra i quali Moio della Civitella. Nell’Aprile 1976 insieme allo stesso Greco e ad altri, fonda il Consorzio delle Pro – Loco del Cilento di cui diventa Vice Presidente fino al 1998. Innamorato del suo paese, dedica gran parte della sua carriera d’insegnante, alla scuola che considera “palestra di vita” e di saperi umani e culturali e nella quale trasmette l’amore per la cultura e per i valori della vita. Infatti a scuola nel 1980, promuove una apprezzatissima Mostra Didattica sulla Civiltà Contadina del Cilento: rassegna di vari oggetti legati alla vita lavorativa, sociale, religiosa e politica del mondo contadino. Intuisce subito il valore storico e culturale di essa e propone, in qualità di assessore comunale del luogo, all’ Amministrazione Comunale del tempo, di fare di tale raccolta un Museo con ubicazione nei locali dell’Edificio Scolastico. Successivamente viene spostato nell’ex Convento Francescano appositamente ristrutturato. Nasce da qui il Museo della Civiltà contadina di Moio – Pellare.

Sempre interessato a promuovere cultura, come Assessore, organizza nel 1982 nell’ambito dei festeggiamenti in onore di S. Bartolomeo Apostolo, il 27 Agosto, “La serata culturale dedicata all’emigrante” di cui si avranno due edizioni. Negli anni successivi essa prenderà il nome di “Serata culturale”.  Da attento studioso del campo pedagogico realizza il libro “Giochi perduti” (Centro Promozione Culturale, 1999); gli antichi giochi dei bambini del Cilento. Il libro è un’accurata raccolta di filastrocche narranti, che servivano a trastullare i bambini, e di giochi tradizionali che si evolvono seguendo il processo psicologico del fanciullo, dall’età infantile a quella dell’adolescenza. Dalla selezione di alcuni canti popolari estrapolati dalle precedenti pubblicazioni del 1973 e 1996, richiesti dalla scuola, nacque la rassegna canora di folk cilentano Canti Popolari Cilentani Cilento Folk Songs (2000) Altra sua pubblicazione è Leggende della Terra di Velia e di Paestum (Centro Promozione Culturale, 2003). Una raccolta di leggende colte, dove l’invenzione non è quasi mai completamente libera; alla sua base c’è un fatto, un personaggio storico, letterario, una città, un castello, un santuario, un toponimo un elemento esterno che ne costituisce il centro. Il racconto parte da lì e si svolge lungo un itinerario mirato a rispondere alle esigenze popolari di sempre. Esso soddisfa la curiosità nel lettore dando ampio spazio al fiabesco e agli avvenimenti locali, ne esalta l’eroismo e l’amore, garantendo conclusioni moralmente esemplari. Tutte le sue pubblicazioni folcloristiche sono state recensite da molte riviste culturali: Lares, Il Cantastorie, Silarus, Meridione, Cronache Cilentane, Notiziario del centro documentazione: Rassegna Storica Salernitana e da alcuni quotidiani come Il Tempo, L’Avvenire e Roma.

Giuseppe Stifano da studioso attento e intelligente e “da uomo innamorato del passato e paladino di una società i cui valori umani hanno inciso profondamente sul tessuto moderno”, ci ha lasciato un ricco patrimonio di idee, conoscenze, pensieri e testimonianze da non dimenticare perché sono memoria presente e futura.

La figlia Ivana.

Nomi Bambini in foto Scuola Moio

La foto è della classe III sezione B dell’anno scolastico 1968-1969.

Gli alunni sono:

In prima fila dal basso da sx: Adolfo De Dominicis, Pietro Ruggiero, Edmondo Scarpa, Angela Gnarra, Silvana Arena, Maria Ruggiero, Ada Arena.

Seconda fila da sx: Giuseppe Maiuri, Gabriele Maiuri, Aniello Giordano, Marisa Merola, Wilma Merola, Luciana Monaco, Concetta Crocamo.

Terza fila da sx; Pasquale Risi, Tony De Vita, Pietro Di Blasi.

Organizzazione del Museo

Organizzazione del Museo

Il Museo espone, nelle sue diverse sale, attrezzi e documenti attinenti alla vita di una classe sociale, quella contadina, oggi in fase di trasformazione.
Appena si entra è possibile ammirare documenti, fotografie e cimeli della vita politica del contadino. Ben evidenziate sono le pagine storiche delle lotte politiche e contadine del periodo risorgimentale del 1820-21, del 1828-29, del 1848 e del 1860, con bandiere carbonare, borboniche e nazionali.

Il percorso prosegue destando grande stupore nei visitatori con una base di Torchio in pietra su cui sono incisi dei segni che secondo il professore Domenico Ienna, docente di astrofisica all’Università La Sapienza di Roma, rappresentano simboli astrali o segni superstiti di una mappa del cielo.

Pezzo forte del Museo è l’abitazione del contadino (il cammarone); in un’unica sala è rappresentato tutto l’ambiente in cui si svolgeva la vita domestica del contadino, il tutto in forte contrasto con la vita del “patrone” signorotto del paese. Vi figurano, inoltre, un antico camino con pentole, spiedi, graticole, tosta orzo, padelle, tegami e tanti altri oggetti necessari alla vita domestica del contadino. Completa è anche l’attrezzatura per confezionare del buon pane casereccio: una madia scavata in un sol tronco di quercia, setacci fitti e meno fitti, pale per infornare il pane, rasoie, munnolo (specie di scopa per pulire il forno), rastrello. Ma il pezzo inedito per le nuove generazioni è il mulino casalingo in pietra che, in tempi molto remoti, serviva al povero bracciante per sottrarsi al pagamento della tassa sul macinato, gravoso onere che il barone del paese, esigeva dalla molitura del grano nei propri molini ad acqua. Sempre in questo vasto ambiente, si può ammirare il letto semplice e monacale del contadino cilentano, costituito da tavole sorrette da due piedistalli in ferro. Di fianco al letto la vocola (culla), dove veniva adagiato il neonato e dove, durante tutta la notte, il contadino poggiava la sua mano, inizialmente per vocolare (cullare) il piccolo, poi si addormentava e la sua mano restava lì, sulla sponda della vocola, quasi a voler continuare il legame gestazionale.

Di particolare interesse sono le sale attigue dove vengono esposti gli attrezzi del maniscalco e del boscaiolo per poi continuare il percorso tra gli attrezzi riguardanti il settore tessile.Sono egregiamente esposti: il mangano, strumento usato per liberare la fibra tessile del lino dalla parte legnosa, il trespolo, la spatola, i cardi, il fuso, la rocca ed un antico telaio.

Nella stessa sala sono raggruppati tutti gli attrezzi usati dal Ciabattino/Calzolaio.

Al piano terra dell’edificio sono conservate le antiche cantine (Vottari). Qui sicuramente possiamo provare grande stupore nell’ammirare una colossale Botte, un gigantesco Tino, arcaici torchi in pietra e legno e tanti attrezzi necessari alla coltivazione della vite e alla produzione del vino. Di particolare rilievo una vetrinetta contenente preziosi oggetti: mostimetro, ebolliometro, lucerne, coltelli per innesti e caraffe.

A tal proposito, è utile ricordare che il territorio del piccolo Comune cilentano, soprattutto per il passato, è stato interessato alla coltura della vite, tanto che, in un documento esposto, si può leggere che Moio e Pellare, già nel scolo XVI, erano paesi produttori ed esportatori di vino, rifornendo persino la Corte Reale di Napoli.

Sempre nella parte bassa della Casa Torrusio, è stata alloggiata la sezione cerealicola, quindi troviamo esposta tutta una seria di attrezzi agricoli, che riflettono una tecnica particolare di lavorazione locale, spesso accompagnata da inediti canti popolari.

Sorprendente e raro pezzo e l’aratro a chiodo che, insieme alla zappa, è stato usato per secoli dai contadini cilentani. Altrettanto interessanti sono aratri e oggetti del sec. XVIII.

In un’altra sala, possono essere ammirati tutti gli oggetti della sezione pesi e misure locali.

Tornando alla sala di ingresso, possiamo stupirci con un bel macino per molire le olive, un torchio in legno    del XVII secolo e varie misure e recipienti per l’olio.

A destra dell’ingresso principale è alloggiato un maestoso molino per grano, completo di tremoggio  costituito da due macine in pietra, una fissa, quella inferiore, l’altra, quella superiore, in grado di ruotare grazie al movimento rotatorio trasmessogli con albero verticale e originato da una ruota alettata posta al di sotto del piano e fatta ruotare dalla forza dell’acqua. Tale sistema molitorio si può anche ammirare presso l’Antico Mulino, che oggi funge da anello di congiunzione tra l’abitato di Moio e quello di Pellare.

Di grande valore, infine, è la documentazione religiosa, fatta di oggetti e cimeli riguardanti la pietà del mondo contadino. La mostra di statue, labari, urna per il sepolcro, cente, (trofei di cera), indumenti per i confratelli delle congreghe laicali e simboli pasquali, è ancora in una fase di allestimento.